lunedì 29 dicembre 2014

Didattica inclusiva

Ho appena letto un articolo, non proprio recente, ma molto significativo ed attuale sulla didattica inclusiva. Includere infatti gli alunni in difficoltà, per svariati motivi, non significa semplificare ed eliminare parte del programma, dare solo ad alcuni gli strumenti compensativi senza insegnare ad usarli e a crearli. Includere significa permettere a tutti di imparare, ciascuno con le proprie strategie e risorse.

Incollo qui parte dell'articolo, la parte attuale e importante, invitando a leggere la versione integrale sul sito originario

http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/12/13/vivalascuola-63/
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In una scuola formata e garante di una formazione adeguata a promuovere lo sviluppo delle potenzialità di tutti, verrà superata la metodologia di trasmissione di conoscenze, oppure questa continuerà ad essere l’elemento portante della didattica?
È pensabile che, grazie alla formazione prevista nelle misure attuative, possa verificarsi un capovolgimento nel concetto di apprendimento: non più l’attenzione solo sui contenuti conoscitivi, ma l’interesse per lo sviluppo delle operazioni mentali? Infatti
i contenuti possono essere selezionati, perché sono sempre una parte della conoscenza possibile o del conosciuto, mentre le operazioni mentali devono essere vissute tutte integralmente e completamente, perché la mente umana non può permettersi di selezionare le sue capacità, ha solo il compito di svilupparle tutte nel modo più elevato possibile” (Lucio Guasti).
Immaginiamo una lezione diversa
Art. 5 comma 2, punto b “Agli studenti con DSA le istituzioni scolastiche garantiscono forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate”.
Mi piace immaginare uno scenario diverso dal precedente: una lezione di storia interattiva e partecipata che comporti un ascolto attivo da parte dell’apprendente.
Una lezione di storia in cui si mettano in essere una serie di strategie didattiche adeguate: fornire organizzatori anticipati (schemi, linea del tempo); sollecitare le preconoscenze degli studenti sull’argomento; aprire un braistormingsollecitare le aspettative sui contenuti del testo da studiare con la conseguente formulazione di predizioni da verificare o smentire nel corso della lettura; analizzare il manuale di storia portando l’attenzione sulle informazioni presenti nelle tabelle grafiche, e su tutti gli altri elementi che fanno parte dei testi non continui (le colonne, i paragrafi, i codici colore…); paragonare e confrontare informazioni; fare inferenzesui nessi tra le informazioni; individuare nel testo del manuale le parole-chiaverealizzare una mappa concettuale collettiva; promuovere lo studio a coppie delle pagine del testo, utilizzando anche il libro digitale dello studente con DSA; proporre una mappa dei termini specifici; assegnare, come il compito da “studiare” a casa, quello che è già stato imparato in classe.
La riflessione sui risultati, non così incoraggianti per gli studenti italiani, delle valutazioni internazionali e nazionali devono spingere la Scuola a rivedere il proprio modo di operare. La Scuola ha bisogno di formazione sulle strategie didattiche oggettivamente “adeguate” per tutti; è auspicabile una vera azione di ricerca da parte di tutti i professionisti della scuola per realizzare un curriculum in verticale di metodologie didattiche adeguate all’apprendimento.
Le stesse misure compensative elencate nella normativa a supporto degli studenti con DSA nascondono gli errori pedagogici della scuola. Utilizzare le mappe concettuali o mentali durante le interrogazioni non può essere considerato uno strumento “compensativo” adeguato e quindi “concesso” solo a chi ha difficoltà nel ricordare le informazioni e nell’ utilizzare termini tecnici del linguaggio disciplinare.
“Gli schemi, le mappe non sono altro che degli organizzatori di conoscenza, una rappresentazione grafica di concetti espressi in forma sintetica (parole concetto) all’interno di una forma geometrica (nodo) e collegati tra loro da linee (frecce) che esplicitano la relazione attraverso parole–legamento” (Gineprini e Guastavigna).
Le mappe permettono di passare da una struttura lineare-sequenziale, alla struttura multidirezionale dell’informazione e aiutano a memorizzare i contenuti, perché ne favoriscono l’organizzazione logica.
Da quanto sopra deriva che una didattica strategica (è quella) che si pone come obiettivo (quello) di far apprendere a tutti gli studenti come si “costruiscono” le mappe; operazione che mette in gioco le strutture cognitive dei ragazzi, che devono imparare a organizzare e strutturare le conoscenze, sviluppando le competenze per la comprensione.
Strategie didattiche e metodologiche
Nel dizionario si trova che la parola “strategia” nasce in ambito militare, derivando dal greco stratos agos, cioè “colui che agisce (che ha potere di agire) sul conflitto”, col significato quindi di scienza (o arte) dei generali. In senso figurativo significa il ricorso a mezzi idonei al raggiungimento di uno scopo.
Nel concetto di strategia non ci deve essere nessun richiamo a qualcosa di occasionale, “una sorta di trucchetto” da individuare momento per momento.
Con il termine “strategia didattica”, intendiamo un insieme di operazioni e di risorse pedagogiche che sono utilizzate, in modo pianificato e all’interno di un contesto specifico, allo scopo di favorire il conseguimento degli obiettivi di apprendimento attesi.
Le strategie devono avere come obiettivo la persona che apprende e sottintendono una conoscenza dei processi di apprendimento.
La Scuola oltre ad agire in maniera strategica, deve anche sollecitare l’adozione da parte degli studenti di strategie di apprendimento abituandoli ad attivare procedure consapevoli e controllabili, capaci di facilitare alcuni compiti come ricordare, comprendere, studiare.
Conclusioni
La parte attuativa è il punto focale sul quale si gioca la efficacia “vera” della Legge. L’obiettivo “vero” proposto, dietro il riconoscimento dei DSA, appare diverso, molto più ambizioso, ma non impossibile, quello di una revisione della modalità di “fare scuola. E’ una “sfida ottimale” in quanto si rivolge ad una componente, come la scuola, che ha la possibilità e la potenzialità di fattibilità, confidando sulle competenze che le appartengono.
Il ruolo finale della Legge è quello di dare un indirizzo per la didattica e per la relazionalità e prevedere opportuni momenti formativi.
Alla scuola viene affidato un ruolo di protagonista, non solo nei riguardi della attuazione delle tutele per gli alunni con DSA, ma nel saper trasfondere le diverse strategie didattiche suggerite e utilizzate anche a favore degli altri alunni con l’obiettivo fondamentale e pragmatico della didattica: la ricerca del miglioramento dell’efficacia ed efficienza dell’insegnamento per creare le condizioni di un efficace ed efficiente apprendimento nell’allievo con conseguente diminuzione del tempo di studio e del dispendio di energie”.
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